lunedì 11 gennaio 2010

Graphic Novel

Spesso serpeggerà, tra un discorso e l’altro durante le conferenze organizzate da Mantova Comics & Games, l’espressione Graphic Novel.

Tema indiscusso dell’edizione 2008 si è, infatti, riproposto con forza anche lo scorso anno, durante gli eventi legati alla “letteratura al femminile” grazie al lavoro di autrici le cui storie a fumetti non possono che essere considerata vera e propria letteratura, pensiamo ad esempio a Persepolis di Marjane Satrapi. Lo stesso J. G. Jones, ospite della quinta edizione della convention, è entrato di diritto nell’olimpo a fumetti grazie a Wanted, graphic novel di ultima generazione. Il successo dei film tratti da capolavori come Sin City e 300 di Frank Miller e Watchmen e V for Vendetta di Alan Moore, hanno fatto sì che tale espressione sia diventata sempre più utilizzata e conosciuta.

Ma che cos’è una graphic novel?

Intanto occorre precisare che tale termine è nato in America in relazione alle caratteristiche dei fumetti statunitensi. Infatti è stato Will Eisner ad utilizzare per la prima volta questa espressione per descrivere il suo A contract with God and other tenement stories, proprio per differenziarlo, in modo esplicito ed evidente, dal formato e dalla consistenza degli albi a fumetti normalmente prodotti per il mercato U.S.A., monopolizzato, all’epoca, da un’infinita serie di albi di supereroi e storie avvincenti, seppur, generalmente, di poco spessore.

Ma quali sono queste differenze?

Per capire dobbiamo esaminare qualche esempio e addentrarci ancora un po’ nel mondo del “romanzo disegnato”.

Come già detto la prima graphic novel della storia è stata Contratto con Dio di Eisner del 1978. Il grande Will, utilizzando un tratto maturo e di una crudezza quasi spietata, ben supportata dalla decisione di presentare la storia in bianco e nero, ci racconta di quattro storie ambientate nella New York degli anni trenta, in particolare nel Bronx. Ci parla di un ebreo ortodosso e della sua crisi religiosa, di un cantante di strada, di un povero custode e delle vacanze estive. Niente di eclatante, solo la vita, tanto che se fosse un film parleremmo di neorealismo redivivo. Eppure ci troviamo di fronte alla novità assoluta del quotidiano a fumetti, che ci spiazza, ci affascina e ci mostra che anche coi balloon si può fare alta letteratura.

Un importante pietra miliare del fumetto, annoverata tra le graphic novel, è Il ritorno del Cavaliere Oscuro di Frank Miller, la prima graphic novel dedicata ad un eroe dei comics mainstream. Pubblicato per la prima volta come una miniserie nel 1988, ma concepita in modo unitario dall’autore, la storia narra le avventure, fuori continuità, di un Batman oramai anziano e disilluso. Il tratto di Miller, mai così schizzato e schizzoide, offre uno spaccato quanto mai efficace del Pipistrello, forza dell’ordine in un mondo caotico, facendogli affrontare i suoi più grandi nemici, da sempre incarnazione delle due principali tematiche presenti nella serie regolare, il noir Duefacce e il gotico Joker. Batman uccide, storpia, si fa ancora più intransigente ed estremista, tanto da essere quasi un villain sceso in campo contro altri villain. Insomma quest’opera ci mostra un eroe diametralmente opposto a quello sorridente e pacioccone che certi fumetti degli anni 70 e la serie televisiva con Adam West ci hanno raccontato. Questo Batman non può e non deve essere un fumetto per ragazzi.

Un’altra Graphic novel di grande interesse è Maus: A Survivor's Tale di Art Spiegelman del 1989. Quest’opera narra, avvalendosi di topolini ebrei e gatti nazisti, la tragedia dell'Olocausto, sulla base dei racconti del padre dell'autore, un sopravvissuto ad Auschwitz. Il tema drammatico e sublime, scontrandosi con la scelta di utilizzare personaggi dalle fattezze animali, come nei fumetti Disney, produce uno straniamento nel lettore, enfatizzando la brutalità della storia del novecento e rendendo in qualche modo giustizia al tema trattato.

Cerchiamo quindi di tirare le fila e confrontiamo quanto emerso dall’analisi degli esempi riportati, seppur troppo pochi a fronte delle meraviglie che il mercato del fumetto ci ha proposto dal 1978 ad oggi, con il significato letterale del termine.

La traduzione letterale, o quasi, è “romanzo disegnato”, tanto che i puristi sostengono debba essere flesso al maschie. Partendo da questo dato, il significato, difficilmente confutabile, e aggiungendo quanto emerso dagli esempi, possiamo trovare le caratteristiche necessarie e sufficienti affinché un fumetto possa essere definito graphic novel senza fallo alcuno: l’unità narrativa, in altre parole la storia in essa raccontata deve essere completa e autosufficiente, e la tematica matura, infatti il pubblico a cui è destinata, in generale, sarà maggiormente consapevole.

Insomma chi sceglie di leggere una graphic novel vuole passare dalla paraletteratura, termine con cui si identificano generalmente i feuilleton e i romanzi di genere, alla letteratura vera e propria, dalle storie per ragazzi a quelle per adulti.

Detto questo occorre chiarire che quando si parla di unità narrativa lo si fa nel senso del concepimento ideale dell’autore. Molte graphic novel infatti, dai citati The Dark Knight returns e Maus a Sin City prima di essere raccolte in un unico volume furono pre-pubblicate o serializzate su riviste “ospiti”. Il fatto che fossero state concepite come opere unitarie fin dall’inizio permette che possano però essere definite “Novel”.

Oggigiorno l’espressione graphic novel ha superato l’Atlantico ed è stata associata ad opere europee, come ad esempio Una Ballata del mare salato di Hugo Pratt. Lo stesso artista italiano definiva le sue opere letteratura disegnata, per cui, possiamo dire, l’accostamento non stride, anche se il mercato europeo, da sempre meno mainstream di quello americano, non presenta una dicotomia così evidente tra le varie espressioni, colte e popolari, della nona arte.

Ma proprio a causa della condizione del fumetto europeo, in cui le differenze tra fumetti per adulti e per ragazzi, tra fumetti accessibili e cerebrali è sfumata, ha fatto si che in Italia fosse usata, ultimamente in modo fin troppo ricorrente, a sproposito, come se fosse semplicemente un sinonimo “accattivante” e “alla moda” di fumetto. Tenendo conto di quanto detto finora possiamo circoscrivere i fumetti che possono davvero essere considerati Graphic novel e saremo in grado di orientarci in modo più consapevole e corretto evitando quindi di commettere grossolani errori.