mercoledì 13 gennaio 2010

“Making Of” Manifesto: intervista a Giuseppe “Cammo” Camuncoli

Come avrete notato, osservando il manifesto della quinta edizione di Mantova Comics and Games, l’oramai mitico Mantova-Man è stato disegnato in modo straordinario da Giuseppe Camuncoli, che con la sua classe ci ha regalato un eroe dalla aggressività dirompente in un contesto reale e allo stesso tempo dinamico, connotato da una forza centripeta travolgente. Cammo, oltre a essere un esponente di spicco della scena fumettistica italiana e internazionale, è tra i precursori dell’”italian invasion” del fumetto americano, e incarna alla perfezione i sogni di tutti coloro a cui Mantova Comics & Games intende dare voce, quest’anno più che mai: i giovani autori italiani che, anche grazie alla manifestazione, hanno avuto la fortuna di sbarcare nel florido mercato americano. Per questo abbiamo pensato di intervistarlo per saperne di più sulla sua esperienza di autore e sulla realizzazione del nostro poster.

Come sai il tema principale della quinta edizione della convention è l’American Dream, mi sembra quindi doveroso chiederti che cosa sia per te il sogno americano?

Credo che per chi come me ha divorato fin da piccolo tonnellate di fumetti americani, arrivare a pubblicare per case editrici che come Marvel e DC sono colonne portanti della scena fumettistica mondiale, sia davvero una sensazione impagabile. Lo stesso ovviamente accade a chi inizia a collaborare con qualsiasi casa editrice, anche italiana per intenderci, di cui sia stato a suo tempo un lettore, ma con gli Americani questo si verificava molto più raramente. Fino a qualche anno fa infatti gli autori nostrani che fossero riusciti ad attivare un rapporto di collaborazione oltreoceano si contavano sulle dita di una mano. Poi la tecnologia e l’evolversi di una scena autoctona, che si è dimostrata negli anni professionale e di successo, hanno decisamente cambiato in meglio la situazione, e ora le prospettive di lavoro “americane” sono molto più elevate di quanto non lo fossero dieci anni fa, quando, per fare un esempio, ho iniziato io la mia prima esperienza con Vertigo. Nonostante tutto, credo che rimanga intatta la fascinazione di poter lavorare, da autori, su personaggi e con altri autori, famosi e non, che continuano a far sognare i lettori di tutto il mondo.

Sei uno dei primi disegnatori italiani a superare l’oceano e a sfondare negli stati uniti, cosa mi può dire del tuo percorso?

Come dicevo, attualmente riuscire a interfacciarsi con gli editor americani è diventato molto più agevole di prima. Per fare solo qualche esempio, la nascita dei forum sul fumetto, delle community di disegnatori e dei blog personali hanno facilitato non poco il modo in cui un autore riesce a proporsi e a far conoscere il proprio lavoro a chi di dovere. Oltretutto gli editor americani ormai viaggiano con continuità all’estero, non solo in Italia, alla ricerca di nuovi talenti, e valutare in prima persona quali sono gli autori più promettenti di ogni singolo paese. E Mantova, per restare in casa, è stata una delle prime fiere in Italia a dare un grandissimo rilievo a questi appuntamenti professionali, ospitando negli anni talent scout di prim’ordine di Marvel e DC, e contribuendo così a lanciare le carriere di tantissimi disegnatori italiani. Io, che ho iniziato con l’autoproduzione nel lontanissimo 1997, ho dovuto invece, insieme al mio compare Matteo Casali, promuovere il mio lavoro portandolo direttamente a casa loro, e più precisamente a New York prima e alla Comicon di San Diego poi, in cui appuntamento dopo appuntamento e anno dopo anno, sono riuscito finalmente a farmi notare e a farmi assegnare il primo, agognatissimo lavoro. Erano davvero tempi diversi, ricordo che i primi appuntamenti vennero presi via telefono e addirittura via fax, e che aprii il mio primo account di posta elettronica, a fine anni ’90, proprio per iniziare a corrispondere più agevolmente con gli editor di oltreoceano. Insomma, a volte quando riparlo di quegli anni mi rendo conto di quanto sia stata pionieristica la nostra esperienza, e comunque proprio per questo forse ancora più bella, proprio perché più rocambolesca, più sofferta. Detto questo però, sarei stato comunque molto contento se ci fossero stati all’epoca i portfolio review di Mantova Comics, mi avrebbero reso la vita molto più facile!

Che consigli daresti ai giovani autori che vogliono affacciarsi al mercato del fumetto e intendono presentare il proprio lavoro a un editor internazionale?

Di comportarsi in maniera impeccabile, curando al massimo ogni singolo dettaglio del portfolio che sottoporranno all’editor di turno. I portfolio review sono occasioni importantissime, e gli editor sono figure professionali da cui non si può prescindere, e che devono essere convinti a dare una chance a chi si sottopone al loro giudizio. E per convincerli, occorre essere, ovviamente, molto bravi nel proprio lavoro (nel segno, nello storytelling, nella cura dei dettagli e degli sfondi, nella personalizzazione del proprio stile etc. etc.), ma anche a livello umano. Insomma, come diceva qualcuno, “la potenza è niente senza controllo”… Se un autore è bravissimo ma non convince a livello umano, difficilmente verrà preso, perché risulterà poco affidabile. L'esperienza poi insegna che paga sempre essere sinceri e onesti sia con se stessi che con l’editor: inutile mentire su quante pagine si riescono a disegnare al mese, per esempio. Insomma, per riassumere, occorre essere professionali e sicuri del proprio talento, senza essere né troppo entusiasti né troppo disfattisti, e cercare di affrontare questi colloqui con molta serenità d’animo, senza darsi per vinti nel caso vadano male (tanto non si tratta mai di “o la va o la spacca”, ci si può e si deve sempre riprovare, mostrando i miglioramenti ottenuti da un incontro al successivo) e senza fare al tempo stesso gli smargiassi se vanno a buon fine. Last but not least, orecchie sempre aperte! Se c'è qualcosa che non funziona nel proprio lavoro, è davvero importante che le critiche che l’editor muove vengano recepite (o anche scritte, meglio ancora) alla perfezione, in modo da poter correggere quello che non va. Non c’è niente di peggio di chi se la prende per un “no” momentaneo, e poi inizia a non ascoltare i preziosi consigli dell’editor, che comunque lo fa sempre e in ogni caso per il bene dell’autore.

Come cambia, in termini tecnici, lavorare per l'America piuttosto che per l'Italia?

Non che io sia espertissimo di lavori italiani, avendo lavorato principalmente per editori americani, ma in termini puramente tecnici direi che non ci sono grandissime differenze, a parte ovviamente la lingua e il fuso orario. L’editor con cui ci si interfaccia, sia esso italiano, americano o francese, ha comunque una professionalità altissima e riconosciuta, e il suo mestiere lo sa fare bene. E il mestiere resta sempre lo stesso in qualsiasi paese: controllare che il livello qualitativo della testata sia elevato, che non ci siano errori, che le scadenze vengano rispettate, puntando ovviamente ad ottenere il massimo da tutti, e cercando anzi di valorizzare e fare risaltare al meglio il talento del singolo autore. In tutti questi anni devo dire che mi sono sempre trovato bene con qualsiasi editor, di qualsiasi paese o casa editrice, con cui ho collaborato, e che ognuno di loro ha contribuito con i suoi consigli, le sue critiche o le sue intuizioni a migliorare il mio lavoro.

Quando ti abbiamo chiesto di realizzare il manifesto qual è stata la tua prima idea, cosa hai pensato di realizzare?

Bé, intanto prima ancora di impostare il Mantova Man, ho cercato di capire quale scorcio di Mantova avrei voluto utilizzare per il mio manifesto. Doveva ovviamente essere un elemento non ancora utilizzato, e al tempo stesso essere rappresentativo della città e adatto al taglio che poi avrei dato all’illustrazione. Ricordo che ne stavo parlando con Christian Borghi [n.d.r Direttore artistico e mente ispirateice di Mantova Comics And Games], e credo che sia stato proprio lui a suggerirmi il Ponte di San Giorgio. In ogni caso, fu un’idea azzeccatissima, perché credo che la “skyline” di Mantova, che si affaccia da quel lato sul lago quando si attraversa il ponte per arrivare in città, sia molto suggestiva e al tempo stesso riconoscibilissima. Poi ho iniziato a ragionare a come avrei potuto inserire in quel contesto la mascotte della convention. Subito avevo pensato a una posa classica, molto più statica e iconica, quasi da film noir, alla “Sin City” per intenderci, ma ho preferito spostarmi in una direzione più supereroistica e dinamica, per non uscire troppo appunto dal leitmotiv dell’”american dream” di cui sapevo fin dall’inizio.

Che approccio hai scelto per differenziare il tuo eroe da quello dei manifesti passati?

Innanzi tutto avevo un unico punto fisso: non avrebbe volato. Gli ultimi tre poster avevano un Mantova Man volante, il mio sarebbe stato metropolitano, urbano, a contatto con la terra. Come dicevo prima, volevo che indossasse un trench, come il Marv di Frank Miller, o come il John Constantine che ben conosco. Una volta deciso che lo avrei inserito in un contesto meno hard boiled, mi sono spostato su supereroi il meno solari possibile, come Batman o Midnighter, il che andava perfettamente a conciliare tutti questi elementi che volevo assolutamente inserire nella mia interpretazione. Dopodiché, per dare al tutto un ulteriore tocco americano, ho voluto aggiungere il fulmine, l’elettricità, a richiamare comunque in maniera esplicita l’idea di superpotere: a quel punto il mio bozzetto a matita, che stavo nel frattempo definendo progressivamente in base a queste mie suggestioni in successione, era arrivato alla fase finale e ormai definitiva, e per fortuna, almeno per me già buona.

Fulmine e occhialoni da aviatore, spolverino e bandiera U.S.A., che è eroe è quello del sogno americano “all’italiana”?

Come dicevo prima, è un eroe – o piuttosto un antieroe visti i personaggi che lo hanno ispirato – metropolitano, notturno e ruvido. Al tempo stesso è dinamico, deciso, e direi anche elegante, con un occhio di riguardo al dettaglio, pronto a tutto, ma con un occhio alla tradizione, alle radici, che nel nostro caso (oltre al buon Nuvolari che è la fonte d'ispirazione prima del personaggio) direi risalgono al fumetto italiano ma anche all’arte italiana che, come ricordo sempre, dà a noi “artisti” un contributo formativo, stilistico ed estetico di inestimabile valore.

Come definiresti Mantova Man in un aggettivo?

Scattante.

Quanto è stato divertente dare vita al "tuo" Mantova Man?

Moltissimo. Non è stato per niente facile affrontare questo delicato compito, visti anche i quattro autori che mi hanno preceduto, e fare al tempo stesso qualcosa di originale, di diverso e soprattutto personale. Alla fine, però, posso dire in assoluta onestà di esserne molto soddisfatto, perlomeno per quel che riguarda l’impostazione dell’immagine e il design del personaggio, che sento molto “miei” a livello stilistico. Spero davvero che questa mia interpretazione possa piacere ai tanti visitatori di Mantova Comics & Games, ma anche ai Mantovani che la vedranno affissa ai muri della loro splendida città.

Visto che questa intervista sarà letta da tanti aspiranti disegnatori, interessati, oltre alla "teoria", alla realizzazione pratica del tuo lavoro potresti spiegare le fasi della creazione del disegno, facendo una sorta di "making of" del manifesto?


Work In Progress



Fase 1:
l'idea. L'immagine che vedete è sia un punto di arrivo che di partenza. Di arrivo perchè è stato praticamente modificato almento dieci volte prima che raggiungessi l'effetto e l'impostazione desiderata (purtroppo non ho salvato tutti i passaggi perchè la fase di elaborazione è sempre di getto, quasi furiosa a livello creativo). E di partenza perchè da qui, una volta ricevuta l'approvazione dallo staff di Mantova Comics & Games, ho iniziato a impostare tutto il lavoro di rifinitura successivo. Rispetto a quanto detto sopra, volevo far notare tre dettagli: l'aggiunta dei fogli svolazzanti, a sottolineare ancora una volta l'idea di fumetto e di "American Dream" per gli aspiranti disegnatori, l'effetto elettrico del fulmine che nella bozza si diffondeva anche sull'asfalto (e che poi ho preferito levare, per evitare che si pensasse a una distruzione del Ponte), e lo spazio vuoto lasciato dietro la skyline di Mantova, che già avevo previsto di riempire con la bandiera americana, sia nel cielo che riflessa nei due fazzoletti di lago a lato del ponte.

Fase 2: matite. Come potete notare, qui "semplicemente" sono andato a definire, a ripulire e a compattare la forza grezza del bozzetto.

Fase 3: mezzetinte. A questo punto, avendo già più o meno deciso che non avrei inchiostrato il pezzo, sono andato ad aggiungere a pennello dei toni di grigio. Volevo che risultassero molto materici, in modo da amalgamarsi poi bene con la successiva colorazione, che avrei fatto a Photoshop. Col mouse, sottolineo, perchè io la penna ottica ancora non la so gestire. Infatti ci ho messo una vita...

Fase 4: colore di base. Avevo già deciso che avrei dato una tonalità azzurrina al pezzo, in modo che si amalgamasse con il fulmine, e che al tempo stesso questo potesse staccare in quanto bianco. Facendo alcune prove di tonalità, sono poi andato a virare la matita verso una tinta marrone, che mi pareva più calda e adatta alla colorazione successiva del semplice grigio grafite.

Fase 5: tinte piatte. Su un livello separato, sono andato a riempire le singole masse, scegliendo i colori di base di ogni elemento, dal guanto alla sciarpa, dall'asfalto alle mura della città.

Fase 6: luci e ombre. Necessarie a dare maggiore tridimensionalità e forza al personaggio. Oltre a questo, potrete notare che sono stati riempiti i fogli volanti (ho utilizzato, per dirla tutta, dei miei bozzetti per vere tavole a fumetti che avevo da parte), e che è stato sfocato lo sfondo, per accentuare il senso di profondità e di distanza della città.

Fase 7: settaggi finali. Qui come potrete notare sono stati aggiunti il fulmine, e, sempre col bianco a "bucare" lo sfondo, gli effetti di luce sulle lenti del Mantova Man. Un po' riflesso, un po' emanazione diretta di energia, volevo fortemente che anche gli occhi del nostro eroe risaltassero prepotentemente. Inoltre, ho di nuovo lavorato su livelli, saturazioni e "ciappini" di Photoshop per ottenere la colorazione e il contrasto che desideravo come impatto definitivo.

Fase 8: the "American Dream". Ecco il tocco finale: l'aggiunta verticale della bandiera americana, a riempire il cielo su Mantova, e a riflettersi sull'acqua. Decisa fin dalle fasi iniziali, solo in chiusura è stata inserita a completare il tutto. E poi la mia firma, aggiunta digitalmente nel punto più adatto. Desidero in questa sede ringraziare Fabio D'Auria e Mauro Corradini, che sono i "resident" dello Studio Gioco Duro per quel che riguarda la colorazione e la grafica, che in più di un'occasione mi hanno aiutato e guidato durante la lavorazione. Senza di loro, non ci sarei mai "saltato fuori" (come si dice qui a Reggio Emilia).

lunedì 11 gennaio 2010

Wanted, ovvero quando la palla passa al cattivo - 4

E se il re non tornasse? E se l’eroe del fumetto non fosse riuscito a ritrovarsi dopo la crisi? Allora assisteremmo ad una raggelante resa del mito di fronte alla realtà. Assisteremmo alla fine del fumetto, alla sconfitta di quest’arte sequenziale volta all’intrattenimento? Il fumetto sarebbe forse inutile, dannoso? È quanto si evince dal volume Wanted, non caso scritto dal profetico Mark Millar per lo studio Top Cow di Marc Silvestri, caso più unico che raro nel panorama mondiale. La storia narra di un giovane, Wesley Gibson, perfettamente integrato nella società consumistica del giorno d’oggi, felice per il suo megaschermo al plasma e appena consapevole dell’infedeltà della fidanzata. Questo personaggio assomiglia in modo evidente al protagonista di “Fight Club” di Chuck Palahniuk. E proprio come il suo gemello letterario la sua vita sarà completamente sconvolta. Non a causa di una doppia personalità paranoica e ribelle pronta a mettere a ferro e fuoco il sistema del capitale bensì grazie all’eredità del padre. Non si tratta però neppure di un lascito in denaro che il buon figliolo utilizza per il bene dell’umanità.

Si tratta della consapevolezza.

Il buon padre morto e prodigo di lasciti era in realtà un supercriminale, il Killer con la K maiuscola, eletto di una razza vincente di dei malvagi che da tempo hanno spazzato via gli eroi che a loro si opponevano, addirittura relegandone la memoria, grazie a dispositivi ipnotici con cui tengono in scacco le menti mortali, proprio nei fumetti. E una volta compreso che l’ultimo respiro era prossimo ha decretato che il figlio degenere ne prendesse il posto. Ne deriva un lungo periodo di addestramento quale supercriminale in cui il nostro Antieroe deve per prima cosa imparare ad essere libero dai condizionamenti della società civile che lo hanno reso una pecora del branco. Deve gettare le remore morali e i limiti auto imposti per arrivare alla vera eredità: la libertà.

E se durante la lettura del fumetto si ride e ci si diverte per la follia propria delle tavole, sfogando l’Es e la sua violenza repressa godendo delle malefatte liberatorie, felici di poter tifare per il cattivo, come del resto faceva il lettore del romanzo d’appendice dell’ottocento, le ultime parole presenti nell’ultima tavola gettano una nuova ombra sull’eroe del fumetto e sulla sua funzione, tornando ad aprire il dibattito, tornando a generare quei dubbi che hanno alimentato la ricerca, l’elaborazione di tale figura:

Contenti? Felici […] che il vostro eroe abbia avuto la ragazza, i soldi, e che alla fine della storia sia uno dei padroni segreti del mondo? Dio che coglioni che siete, e parlo per esperienza. Mi sembra ieri che ero al vostro livello, patetico quanto voi. Perché dovrebbe fregarvi di come va la vita a me? Voi vi ammazzate di lavoro dodici ore al giorno, ingrassando per le porcherie che mangiate, e quasi certamente la vostra ragazza si scopa qualcun’altro. Solo perché avete una Tv al plasma e un sacco di Dvd non significa che siete liberi, cazzoni. Siete solo schiavi ben pagati come tutte le alte pecore là fuori. Anche questo fumetto non è che una vacanza di un quarto d’ora dalla vostra vita di servi. Pensavate che il mondo fosse sempre stato così, vero? Guerre, carestie, terrorismo ed elezioni truccate. Ma ora sapete che non è così. Ora sapete cos’è successo ai supereroi. E sapete la cosa buffa? E sapete che cosa mi fa ridere ora che sono dall’altra parte? Che chiuderete questo albo e vi comprerete qualcos’altro per riempire il vuoto che abbiamo creato nelle vostre vite. E questa è la mia faccia mentre ve lo sto mettendo nel culo.

Uno schiaffo, una doccia fredda “alla faccia” della mistificazione. Se l’eroe non è in grado di ritrovare il suo posto nel mondo del fumetto allora toccherà al “cattivo”, al “Villain” prendere il suo posto quale mitica guida, figura che svela il mondo. E i suoi metodi sono decisamente più spiccioli, e tragicamente più efficaci.

Ora ci siamo.

Wanted, ovvero quando la palla passa al cattivo - 3

Ancora non siamo arrivati, però, al fulcro del discorso, ancora non è tutto così chiaro. Pensiamo allora a Stormwatch, della Wildstorm. Questo fumetto in cui sono narrate le vicende di una formazione di eroi al servizio dell’Onu, non appena affidato a Warren Ellis si trasforma fino a diventare l’incubo dell’eroe soldato al servizio di un grande fratello folle, incarnato dal Weatherman, pronto ad usare la forza dei “superumani” per schiacciare la libertà internazionale. Successivamente, sconfitto il malvagio tiranno, il gruppo si emanciperà dall’Onu diventando “The Autority”, ovvero l’autorità il cui scopo è portare la pace nel mondo, senza però osservare le regole degli uomini. I protagonisti di questa serie, oltre che assolutamente innovativi sul piano della caratterizzazione (per la prima volta si legge di una supercoppia gay, Apollo e Midanighter, sorta di riscrittura di Superman e Batman, da sempre accusati di parsifalismo) agiscono in modo assolutamente sconvolgente. Prendono coscienza del loro stato di Dei in terra. E come tali agiscono, modificando il loro tempo su scala mondiale, scardinando una volta per tutte la gabbia di insensata e mistificatoria moralità che tratteneva i primi supereroi.

Addirittura, nelle ultime fasi, una volta affidato allo scozzese Marc Millar, in un buio periodo coincidente al disastro dell’Undici Settembre del 2001, che ha portato alla chiusura della serie, ritenuta troppo “pericolosa”, visto che sulle sue pagine sia New York che Roma erano state spazzate via a causa di catastrofi ed attentati, questi eroi si troveranno, dopo essere sopravvissuti a torture e vessazioni ad opera di agenti al servizio dei capi di stato del G8, di fronte alla possibile distruzione della Terra a causa di un cataclisma, a prendere la decisione di non intervenire:

Hawksmoore: Vi dirò esattamente cosa faremo, gente. Non faremo niente. Assolutamente niente. Forse risolvendo questa storia, riusciranno a capire cosa dobbiamo passare noi ogni secondo di ogni maledetto giorno. […] L’umanità si è messa in questo casino da sola, ed è importante che impari ad affrontare le maledette conseguenze.

Doctor: Per amor di Dio, Jack, siamo tutti arrabbiati per quello che ci hanno fatto, ma non credi che tutto ciò sia un tantino estremo?

Hawksmoore: Non c’entra la vendetta, Doctor: C’entra il dare […] ai geni che hanno creato Seth (un avversario appena sconfitto) un modo per dimostrarci di cosa sono davvero capaci. Fidato di me. Il solo modo di salvare l’Umanità è di lasciare che per una volta sia lei a salvare se stessa.

L’eroe non agisce e così facendo costringe l’uomo a diventare eroe. Il ciclo aperto con Marvels ha trovato il giusto epilogo. Forse…

Diciamo che l’eroe, il re, se ne è andato.

Ma ancora manca qualcosa…

Wanted, ovvero quando la palla passa al cattivo - 2

Passano circa vent’anni e appaiono i protagonisti di Watchmen di Alan Moore e Dave Gibbons. In questa graphic novel, infatti, troviamo eroi stanchi, che non hanno più voglia di lottare, eroi che hanno capito l’insensatezza del loro compito e dell’esistenza umana.

Troviamo eroi che non sono altro che psicopatici incapaci di avere una vita normale, insomma siamo di fronte alla degenerazione dei paladini che il fumetto americano è solito mostrarci: la crisi definitiva. L’eroe patriota, incarnato nella storia del fumetto da Capitan America, ad esempio, in questa graphic novel, risulta essere un fanatico psicotico e fascista. Il giustiziere, Rorschach, è un pazzo mediamente incapace, così lontano dalla perfezione paranoica di Batman o dalla lucida follia del Punitore da risultare a di poco sconcertante. Eppure manca ancora qualcosa… Non siamo ancora liberi dall’immagine dell’eroe che da sempre ci accompagna.

Proseguiamo quindi nella storia del fumetto, e vediamo come le case editrici di successo sono riuscite a controbattere a questi eroi stanchi. Uno dei tentativi meglio riusciti, a mio parere, ad opera della casa editrice Marvel, è la graphic novel Marvels, di Kurt Busiek e Alex Ross, che sposta nettamente il punto di vista da cui le vicende sono narrate, facendolo coincidere con quello del “normalissimo” fotografo Phil Sheldon.

In questa opera descritta con visionarietà dal talento pittorico di Ross, gli eroi sono visti come divinità che la gente comune teme o adora a seconda del momento. E come divinità sono distanti dall’uomo, che diventa mero osservatore, passivo fruitore delle loro gesta. Se da un lato il fumetto mette in luce il bisogno che il genere supereroistico ha di mostrare il “sense of wonder”, il senso di meraviglia che animava le prime serie e che permetteva al lettore di osservare le tavole sognando a bocca aperta, d’altro canto mostra l’insensatezza della mistificazione che si presentava in quegli albi.

Infatti il lettore, come il protagonista narrante, si sente inutile, una formica in un mondo pieno di giganti. Colossi, dei, che tra l’altro non sono sempre in grado di salvare e proteggere gli innocenti mortali. Questa sensazione, immancabilmente, spinge ad una presa di coscienza, ed allontana il lettore dalla fiducia cieca nell’eroe che tutto può e che tutto sa. Esemplificativa in questo senso è la scena in cui il fotografo, dopo aver fatto amicizia con Gwen Stacy ne assiste alla morte. Sheldon è convinto fino all’ultimo che l’Arrampicamuri riuscirà a salvarla. Ma la sua convinzione è errata, e sarà delusa. La sua disperazione per l’accaduto è l’eco di quella che prova l’Uomo Ragno, e che ne cambierà l’esistenza. Ed è la disperazione che il lettore ha avvertito all’epoca dell’uscita dell’albo in cui si presenziò a questo significativo lutto. La prima morte eccellente di un personaggio di primo piano nell’universo Marvel. La prima volta in cui l’eroe del fumetto si scontrò in modo significativo con la morte, in cui venne messa in dubbio, in modo vero, definitivo, la sua invincibilità. E proprio perché eco di queste sensazioni, di queste intuizioni, questa scena ne amplifica la portata, mostrando la dicotomia dell’eroe del fumetto attuale, diviso tra la meraviglia dei primi titani e l’impotenza dell’eroe stanco e sconfitto, molto simile al problematico eroe del novecento letterario, che sconvolge e infastidisce il lettore, incapace di godersi tranquillamente l’appagante mistificazione che un tempo gli era somministrata e allo stesso tempo stanco di eroi incapaci di consolare.

(continua…)

Graphic Novel

Spesso serpeggerà, tra un discorso e l’altro durante le conferenze organizzate da Mantova Comics & Games, l’espressione Graphic Novel.

Tema indiscusso dell’edizione 2008 si è, infatti, riproposto con forza anche lo scorso anno, durante gli eventi legati alla “letteratura al femminile” grazie al lavoro di autrici le cui storie a fumetti non possono che essere considerata vera e propria letteratura, pensiamo ad esempio a Persepolis di Marjane Satrapi. Lo stesso J. G. Jones, ospite della quinta edizione della convention, è entrato di diritto nell’olimpo a fumetti grazie a Wanted, graphic novel di ultima generazione. Il successo dei film tratti da capolavori come Sin City e 300 di Frank Miller e Watchmen e V for Vendetta di Alan Moore, hanno fatto sì che tale espressione sia diventata sempre più utilizzata e conosciuta.

Ma che cos’è una graphic novel?

Intanto occorre precisare che tale termine è nato in America in relazione alle caratteristiche dei fumetti statunitensi. Infatti è stato Will Eisner ad utilizzare per la prima volta questa espressione per descrivere il suo A contract with God and other tenement stories, proprio per differenziarlo, in modo esplicito ed evidente, dal formato e dalla consistenza degli albi a fumetti normalmente prodotti per il mercato U.S.A., monopolizzato, all’epoca, da un’infinita serie di albi di supereroi e storie avvincenti, seppur, generalmente, di poco spessore.

Ma quali sono queste differenze?

Per capire dobbiamo esaminare qualche esempio e addentrarci ancora un po’ nel mondo del “romanzo disegnato”.

Come già detto la prima graphic novel della storia è stata Contratto con Dio di Eisner del 1978. Il grande Will, utilizzando un tratto maturo e di una crudezza quasi spietata, ben supportata dalla decisione di presentare la storia in bianco e nero, ci racconta di quattro storie ambientate nella New York degli anni trenta, in particolare nel Bronx. Ci parla di un ebreo ortodosso e della sua crisi religiosa, di un cantante di strada, di un povero custode e delle vacanze estive. Niente di eclatante, solo la vita, tanto che se fosse un film parleremmo di neorealismo redivivo. Eppure ci troviamo di fronte alla novità assoluta del quotidiano a fumetti, che ci spiazza, ci affascina e ci mostra che anche coi balloon si può fare alta letteratura.

Un importante pietra miliare del fumetto, annoverata tra le graphic novel, è Il ritorno del Cavaliere Oscuro di Frank Miller, la prima graphic novel dedicata ad un eroe dei comics mainstream. Pubblicato per la prima volta come una miniserie nel 1988, ma concepita in modo unitario dall’autore, la storia narra le avventure, fuori continuità, di un Batman oramai anziano e disilluso. Il tratto di Miller, mai così schizzato e schizzoide, offre uno spaccato quanto mai efficace del Pipistrello, forza dell’ordine in un mondo caotico, facendogli affrontare i suoi più grandi nemici, da sempre incarnazione delle due principali tematiche presenti nella serie regolare, il noir Duefacce e il gotico Joker. Batman uccide, storpia, si fa ancora più intransigente ed estremista, tanto da essere quasi un villain sceso in campo contro altri villain. Insomma quest’opera ci mostra un eroe diametralmente opposto a quello sorridente e pacioccone che certi fumetti degli anni 70 e la serie televisiva con Adam West ci hanno raccontato. Questo Batman non può e non deve essere un fumetto per ragazzi.

Un’altra Graphic novel di grande interesse è Maus: A Survivor's Tale di Art Spiegelman del 1989. Quest’opera narra, avvalendosi di topolini ebrei e gatti nazisti, la tragedia dell'Olocausto, sulla base dei racconti del padre dell'autore, un sopravvissuto ad Auschwitz. Il tema drammatico e sublime, scontrandosi con la scelta di utilizzare personaggi dalle fattezze animali, come nei fumetti Disney, produce uno straniamento nel lettore, enfatizzando la brutalità della storia del novecento e rendendo in qualche modo giustizia al tema trattato.

Cerchiamo quindi di tirare le fila e confrontiamo quanto emerso dall’analisi degli esempi riportati, seppur troppo pochi a fronte delle meraviglie che il mercato del fumetto ci ha proposto dal 1978 ad oggi, con il significato letterale del termine.

La traduzione letterale, o quasi, è “romanzo disegnato”, tanto che i puristi sostengono debba essere flesso al maschie. Partendo da questo dato, il significato, difficilmente confutabile, e aggiungendo quanto emerso dagli esempi, possiamo trovare le caratteristiche necessarie e sufficienti affinché un fumetto possa essere definito graphic novel senza fallo alcuno: l’unità narrativa, in altre parole la storia in essa raccontata deve essere completa e autosufficiente, e la tematica matura, infatti il pubblico a cui è destinata, in generale, sarà maggiormente consapevole.

Insomma chi sceglie di leggere una graphic novel vuole passare dalla paraletteratura, termine con cui si identificano generalmente i feuilleton e i romanzi di genere, alla letteratura vera e propria, dalle storie per ragazzi a quelle per adulti.

Detto questo occorre chiarire che quando si parla di unità narrativa lo si fa nel senso del concepimento ideale dell’autore. Molte graphic novel infatti, dai citati The Dark Knight returns e Maus a Sin City prima di essere raccolte in un unico volume furono pre-pubblicate o serializzate su riviste “ospiti”. Il fatto che fossero state concepite come opere unitarie fin dall’inizio permette che possano però essere definite “Novel”.

Oggigiorno l’espressione graphic novel ha superato l’Atlantico ed è stata associata ad opere europee, come ad esempio Una Ballata del mare salato di Hugo Pratt. Lo stesso artista italiano definiva le sue opere letteratura disegnata, per cui, possiamo dire, l’accostamento non stride, anche se il mercato europeo, da sempre meno mainstream di quello americano, non presenta una dicotomia così evidente tra le varie espressioni, colte e popolari, della nona arte.

Ma proprio a causa della condizione del fumetto europeo, in cui le differenze tra fumetti per adulti e per ragazzi, tra fumetti accessibili e cerebrali è sfumata, ha fatto si che in Italia fosse usata, ultimamente in modo fin troppo ricorrente, a sproposito, come se fosse semplicemente un sinonimo “accattivante” e “alla moda” di fumetto. Tenendo conto di quanto detto finora possiamo circoscrivere i fumetti che possono davvero essere considerati Graphic novel e saremo in grado di orientarci in modo più consapevole e corretto evitando quindi di commettere grossolani errori.

Wanted, ovvero quando la palla passa al cattivo - 1

La presenza di J. G. Jones, autore assieme a Mark Millar di Wanted, durante la quinta edizione della convention Mantova Comics & Games, può essere uno opportunità per ragionare sulla figura dell’eroe nella storia del fumetto americano. Il capolavoro della Top Cow, infatti, si inserisce in un cammino che gli eroi statunitensi hanno perpetrato dall’alba del fumetto ai giorni nostri.

I primi erano quei tipi tutti muscoli e mito, incarnarti in modo indelebile da Flash Gordon, eroe senza macchia e senza paura. Valorosi assoluti, appaganti, mistificanti. Eroi identici a quelli del romanzo d’appendice, ottusi e ottundenti.

Nella Golden Age l’eroè è diventato supereroe. Pensiamo al primo, al messia, a Superman. Alieno arrivato sulla terra che si finge umano, e quindi debole, per mascherare la sua identità e la sua indubbia superiorità. Nonostante i suoi poteri incredibili, con cui potrebbe in poco tempo sanare le piaghe del mondo, il nostro eroe si limita a salvare Metropolis in uno schema reiterato grazie al quale tutto torna sempre nelle condizioni di partenza. Come l’eroe delle fiabe Superman compie le sue mirabolanti imprese perché deve compierle, senza scelta o consapevolezza. La sua funzione è mistificare, consolare il lettore che in lui vede il riscatto servito su un piatto d’argento, senza bisogno di sforzi, senza impegno. Superman è un messia senza religione, un salvatore superficiale che permette un’ora di evasione mostrando i muscoli e sussurrando che tutto andrà bene.

Poi è arrivato Stam Lee. E con lui i supereroi con superproblemi. Anche qui pensiamo al più rappresentativo, ovvero L’Uomo Ragno. Peter Parker, povero nerd di periferia, viene investito da un’ondata di poteri e, suo malgrado, di responsabilità. Sappiamo tutti che, sconvolto dalla morte dello zio, il nostro segaligno eroe, ripetendo come un mantra “da grando poteri derivano grandi responsabilità” è diventato il primo eroe del fumetto, o quasi, a farsi in continuazione dei dubbi. Agire o non agire, vivere la sua vita o salvare quella degli altri. Insomma la figura dell’eroe tutto di un pezzo inizia ad incrinarsi.

(continua…)

domenica 3 gennaio 2010

MANTOVA COMICS & GAMES 2010 THE AMERICAN DREAM

Cari amici,

Siamo lieti di annunciare che l’ultimo weekend di febbraio, da venerdi' 26/02 a domenica 28/02, si terrà la quinta edizione di Mantova Comics & Games, la fiera del fumetto e del gioco organizzato che si è ormai ritagliata uno spazio importante nel cartellone nazionale (e non solo). Grazie all’entusiasmo del pubblico, al sostegno degli espositori e della critica la Convention è diventata ormai un evento imperdibile per i cultori e per tutti quelli che vogliono passare un week-end divertente immersi nei padiglioni del PALABAM, tra case editrici, autori, conferenze, eventi speciali, sfilate cosplay.

Fin dalla sua nascita Mantova Comics & Games ha voluto caratterizzarsi come il festival degli autori e degli editor, ospitando personaggi della cultura e dello spettacolo disegnato come Sergio Bonelli, Milo Manara, Valentino Rossi, Luciano Ligabue, Jim Lee, Brian M. Bendis, Lee Bermejo, Simone Bianchi, Gabriele dell'Otto, Angelo Stano, Nicola Mari, Roberto Recchioni, Licia Troisi, Melissa P., Paolo Barbieri e tantissimi altri ancora.

Anche quest’anno ci saranno ospiti di grande rilevanza, per rimarcare la vocazione di Mantova Comics & Games a essere la più "americana" delle fiere italiane, ovvero luogo di incontro privilegiato e informale fra il pubblico e un grandissimo numero di cartoonist in forza alle principali case editrici del mondo. Sarà presente J. G. Jones, disegnatore di grande talento e visionarietà e co-creatore, assieme allo scrittore Mark Millar, del capolavoro Wanted edito in Italia da Panini e da cui è stato tratto l’omonimo film interpretato da Agelina Jolie e Morgan Freeman. Ci sarà la star Giuseppe Camuncoli, autore del poster ufficiale della manifestazione a ben rappresentare il nutrito gruppo di talenti italiani oggi in attività. Saranno presenti, tra i tanti, Riccardo Burchielli, Stefano Caselli, Alessandro Vitti, Marco Checchetto, Paolo Barbieri, Davide Gianfelice, testimoni della nuova grande generazione e di autori italiani che hanno conquistato le pagine dei più bei fumetti americani pubblicati da Marvel e DC Comics. E loro non sono che pochi dei tantissimi nomi che stanno aderendo in questi giorni. Per rimanere sempre aggiornati sulla manifestazione siete invitati a seguire il sito ufficiale www.mantovacomics.it!

Quali saranno gli eventi principali di questa quinta edizione?

* AMERICAN DREAM.

Mantova Comics è stata crocevia di talenti affermati e talenti in erba, luogo d'incontro fra gli appassionati, gli autori e gli editori. In molti casi, la fiera di Mantova ha permesso che si realizzasse il sogno di chi vuole entrare nel mondo dei fumetti. In questa 5° Edizione abbiamo deciso di fare il punto e concentrarci proprio su questo sogno comune, un vero e proprio American Dream ovvero quel desiderio di sfondare al di là dell’Atlantico che alcuni pionieri sono riusciti a realizzare e che tanti altri agognano e forse raggiungeranno. Perché il mondo del fumetto è lo spazio bianco in cui si realizzano le fantasie, ma allo stesso tempo può essere il mezzo attraverso cui realizzare i progetti e le ambizioni concrete dei talenti “made in Italy”. Per questo abbiamo chiamato tanti autori che "ce l'hanno fatta", ovvero coloro che oggi - negli States - fanno parte della nuova Italian Wave. E loro ci racconteranno come hanno iniziato e come sono riusciti nel loro intento.

* INCONTRI CON GLI EDITOR

Gli incontri tra gli aspiranti autori e i professionisti in forza alle principali case editrici sono sempre stati uno dei punti di forza della manifestazione. Anche quest'anno ci saranno, per tutta la durata della manifestazione, una serie di sorprese, ancora top secret, finalizzate alla valutazione, da parte dei più importanti editor sul piano nazionale e internazionale, dei lavori dei talenti italiani.

* WHAT'S NEXT? I NUOVI SCENARI DEL FUMETTO ITALIANO

Ovvero una tavola rotonda in cui editori, distributori e autori ci racconteranno ( o proveranno a interpretare) il futuro del mercato del fumetto italiano dopo l'acquisizione di Marvel da parte di Disney, la creazione di DC Entertainment, la nascita di Aurea, i cambiamenti nel mercato delle fumetterie e delle librerie di varia.

Come ogni anno non mancheranno le più importanti case editrici del settore quali Sergio Bonelli Editore, Panini Comics, GP Publishing, Planeta DeAgostini, Star Comics, Edizioni BD, J-Pop e tante altre realtà importanti che presenteranno in anteprima le ultime uscite e attraverso interessanti conferenze ci illustreranno le principali novità del 2009. E naturalmente potrete trovare anche le migliori fumetterie d'Italia, presenti alla convention per colmare le mancanze delle vostre collezioni, con esposizioni più assortite che mai!

Ma Mantova Comics & Games non sarà solo questo! Anche quest’anno al Palabam si potrà davvero giocare: saranno dedicati 600 mq agli appassionati di videogiochi, giochi di ruolo, card games e giochi da tavolo in una manifestazione pensata per tutti, da coloro che cercano la competizione fino ai semplici amanti del divertimento che potranno assistere a dimostrazioni e presentazioni in anteprima dei più importanti titoli in uscita e partecipare a tantissimi tornei gratuiti e ricchi di premi per poter provare il brivido delle ultime novità videoludiche.

Infine, la convention sarà colorata da COSPLAY EVOLUTION: la manifestazione che tutti i cosplayer aspettano per poter mostrare le loro creazioni divertendosi ad interpretare eroi ed eroine in un ambiente che offrirà spazi appropriati e tanta visibilità, senza dimenticare, naturalmente, il divertimento.

Per restare aggiornati su tutte le novità legate alla manifestazione, vi aspettiamo presto sul sito www.mantovacomics.it e immediatamente su mantovacomics.blogspot.com!

Non dimenticate di segnare sull'agenda l'appuntamento con la quinta edizione della Fiera: 26-27-28 febbraio 2010!